The Butterfly Affect
Artistə: Patricia Domínguez, Sharona Franklin, Ja'Tovia Gary, Lungiswa Gqunta, Sebastiano Impellizzeri, Isaac Julien, Kapwani Kiwanga, Jumana Manna, Jota Mombaça, Zoe Williams, Rachel Youn.
A cura di Irene Calderoni e Bernardo Follini
11 maggio – 15 ottobre 2023
Inaugurazione: 11 maggio, h. 19
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino
L’11 maggio 2023 la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo inaugura la mostra collettiva The Butterfly Affect (l’affetto farfalla), un percorso espositivo articolato attraverso le opere di undici artistə internazionali, dalla scultura all’installazione, dalla pittura al video.
«Può il battito delle ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?» si chiedeva nel 1972 il matematico e meteorologo Edward Norton Lorenz. La teoria, nota come “Butterfly Effect” (effetto farfalla), poggia sulla convinzione che qualsiasi azione, anche se apparentemente insignificante, può avere conseguenze estreme in differenti coordinate spazio-temporali.
A cinquant’anni dall’ipotesi di Lorenz, in un contesto costellato dagli effetti nocivi delle azioni sul nostro ecosistema, la mostra intende registrare approcci artistici che incrociano la responsabilità connessa all’agency individuale a processi collettivi di cura, piacere ed ecologia. The Butterfly Affect presenta la sfera dell’affettività interspecie come modalità con cui immaginare nuovi paradigmi di coesistenza sociale ed ambientale, allontanandosi dalle prescrizioni del dominio estrattivo. Lə artistə attraversano le scienze naturali, con un particolare interesse alla botanica, come terreni di conflitto governati da dinamiche di sfruttamento e di oppressione. In mostra sono discusse le modalità con cui lo spazio naturale è costruito fisicamente e normato giuridicamente, e come ne è regolamentato l’accesso. A partire dai saperi erboristici sono esplorati i temi della vulnerabilità e della salute, facendo emergere i processi di medicalizzazione del corpo e di stigmatizzazione della malattia. L’affetto e le relazioni sono espanse in un’ottica transumana che sfuma i confini tra corpi sessuali e corpi vegetali. Infine, la distruzione ecologica è letta in connessione al trauma inciso sui corpi delle differenti comunità, permettendo allə artistə di immaginare spazi per nuove pratiche di guarigione collettiva.
Jumana Manna (1987, Princeton, USA) indaga l’impatto sociale ed economico delle leggi sulla protezione della natura del governo israeliano sulla popolazione palestinese, mentre Lungiswa Gqunta (1990, Gqeberha, South Africa) decostruisce le eredità patriarcali e coloniali che regolano l’accesso e la proprietà della terra. Kapwani Kiwanga (1978, Hamilton, Canada) affronta le asimmetrie del potere a partire dal giardino all’inglese e dalle tecnologie botaniche di epoca vittoriana. Ja'Tovia Gary (1984, Dallas, USA) si focalizza su un noto giardino, quello di Claude Monet a Giverny, per riflettere sulle violente politiche della rappresentazione del corpo nero.
Sharona Franklin (1987, Canada) esplora la relazione tra biologia, farmacologia e interdipendenza sociale dalla prospettiva di un attivismo disabile e bioetico. Isaac Julien (1960, Londra, UK) riattiva la storia di cura e rinascita di Prospect Cottage a Dungeness, celebre rifugio in cui si ritirò Derek Jarman, dopo la diagnosi di positività al virus HIV.
Sebastiano Impellizzeri (1987, Catania) dipinge mappe di complessa decodifica, che contengono le coordinate spaziali ed emotive di aree di cruising, pratica di incontro sessuale tra sconosciutə all’aperto. Zoe Williams (1983, Salisbury, UK) manipola la ceramica per costruire forme ibride in cui cura, vanità e precarietà proiettano l’erotica in una dimensione transumana. Rachel Youn (1994, Abington, USA) costruisce installazioni impiegando piante artificiali e macchine per i massaggi, producendo un immaginario ironico e grottesco di cura, piacere e intimità.
Patricia Domínguez (1984, Santiago, Cile) affronta l’angoscia climatica e le dinamiche estrattiviste impiegando conoscenze etnobotaniche e interrogando la nozione di benessere all’interno del processo di digitalizzazione delle vite. Jota Mombaça (1991, Natal, Brasile) osserva l’innalzamento marino e la crisi ambientale alla luce delle odierne discriminazioni di genere, classe e razza, presentando un’installazione prodotta originariamente per la sua performance “in the the tired watering”, avvenuta sull’Isola di San Giacomo a Venezia, nuova sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.