“It’s Not the End of the World” è un progetto concepito e prodotto da Artissima in collaborazione con i principali musei e istituzioni per il contemporaneo del territorio torinese: Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e Palazzo Madama (che ospita il progetto curato da Artissima). “It’s Not the End of the World” è un percorso unico che riunisce cinque progetti espositivi di cinque rinomati artisti internazionali selezionati da ciascuna delle istituzioni coinvolte. Il titolo, riferimento alla profezia Maya sulla fine del mondo nel dicembre 2012, vuole essere una risposta ottimistica e attiva nei confronti della difficile situazione economica attuale e dei suoi risvolti sulla cultura in generale. La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta l'installazione “The End - Venice, 2009” dell'artista islandese Ragnar Kjartansson.
L’opera di Ragnar Kjartasson è basata su una singolare commistione tra arte visiva, musica e teatro. Costruite attorno a innumerevoli suggestioni e influenze, dai miti tradizionali islandesi alla musica lirica alla cultura popolare contemporanea, le sue performance sono tipicamente strutturate sulla ripetizione ad infinitum di un’unica formula, che si tratti di un gesto, una parola, un’aria musicale o un’immagine pittorica. Questo dispositivo dà vita ad opere in cui durata e resistenza hanno un ruolo fondamentale, nella più classica tradizione della performance e body art, ma non manca il riferimento alla pratica estenuante delle prove teatrali, che Kjartansson conosce da vicino, essendo cresciuto in una famiglia di attori. Il gusto per la teatralità, la messa in scena e la recitazione sono caratteristiche del suo lavoro, di cui l’artista è sempre protagonista nelle vesti di diversi personaggi, dal cavaliere alla rock star, dal rivoluzionario all’incarnazione della Morte. Ciò che accomuna questi personaggi è il carattere di eroe romantico, malinconico e appassionato insieme, preso in un vortice di sensazioni struggenti. Kjartansson ritrae questa figura con un misto di partecipazione e distacco, dramma e ironia, un atteggiamento ambivalente che caratterizza anche le reazioni del pubblico di fronte alle sue opere.
The End. Venezia, 2009, l’opera in mostra, è il frutto di una delle sue più opere più ambiziose, realizzata per la 53° Biennale di Venezia, in cui Kjartansson ha rappresentato l’Islanda. In un periodo in cui il suo Paese era al centro di un tracollo economico e finanziario senza precedenti, l’artista ha dato vita a un personaggio decadente, privo di futuro, che trova in Venezia la città ideale per godere appieno della propria dolcissima fine. Per tutta la durata della Biennale, sei lunghi mesi, Kjartansson ha vissuto i panni di un pittore bohémien, che nel proprio studio sul Canal Grande, al piano terra del Trecentesco Palazzo Michiel dal Brusà, passava il tempo dipingendo, giorno dopo giorno, il ritratto dello stesso giovane modello. Questi, interpretato dall’amico e artista Páll Haukur Björnsson, indossava solo un costume da bagno Speedo (e un accappatoio azzurro nei momenti di pausa), e si aggirava languido nello spazio dello studio, fumando sigarette, bevendo birra, ascoltando musica e posando per l’artista. Per i visitatori della Biennale che capitavano lì, la scena offriva un’esperienza surreale, in cui era difficile distinguere tra realtà e rappresentazione. Kjartansson e Bjornsson facevano quello che ci si aspetta da due amici artisti: bere, fumare, chiacchierare e produrre arte, ma il tutto era proposto in modo da enfatizzarne il carattere di clichè, di ironica messa in scena. Giorno dopo giorno i quadri realizzati si accumulavano nello spazio, insieme ai mozziconi e alle bottiglie vuote, in una processualità che per l’artista era rilevante anche rispetto alle mutevoli caratteristiche del pubblico. Se infatti all’inizio il lavoro doveva apparire più come “lo scherzo di un fannullone” a vantaggio degli iniziati, gli addetti ai lavori che affollano i giorni dell’inaugurazione, col tempo è diventato un vero spazio di creazione, frutto di un serio impegno esposto allo sguardo della gente normale in visita.
I 144 dipinti che compongono The End. Venezia sono la traccia fisica e il documento artistico di questa esperienza. L’installazione ha l’aspetto di un’antica quadreria, in cui i muri sono tappezzati di dipinti dal pavimento al soffitto, a sottolineare il carattere di maniacale accumulazione e ossessiva ripetizione del medesimo soggetto, benché le scelte formali siano le più varie, dal realismo dettagliato all’abbozzo quasi astratto, passando per innumerevoli citazioni di stili ben noti. Nel suo complesso l’opera restituisce la performance con la nostalgica malinconia e l’esuberante passionalità che è la cifra dell’artista.
Nato nel 1976 a Reykjavík, Islanda. Vive e lavora a Reykjavík.
Il lavoro di Ragnar Kjartansson ha ricevuto grande riconoscimento internazionale ed è stato presentato in mostre personali e collettive in gallerie, musei e biennali. Nel 2012 il Migros Museum di Zurigo gli ha dedicato la sua prima personale in Svizzera. Nel 2011 il suo progetto per Performa a New York, Bliss, una performance musicale dal vivo della durata di 12 ore, ha vinto il premio Malcolm McLaren. Sempre nel 2011 il Carnegie Museum of Art ha organizzato una personale, Song, ospitata in seguito dal Museum of Contemporary Art di North Miami e dall’ICA di Boston, e la Frankfurter Kunstverein ha presentato la sua prima grande retrospettiva in Europa, Ragnar Kjartansson: Endless Longing, Eternal Return. Nel 2009 ha rappresentato l’Islanda alla Biennale di Venezia. Kjartansson ha partecipato alla Triennale di Torino (2008), a Manifesta 8 (2008) e numerose edizioni del Reykjavik Arts Festival (2012, 2008, 2005, 2004). Saggi e recensioni sul suo lavoro sono state pubblicati da Artforum, Art in America, ArtReview, Frieze, Modern Painters, e The New York Times.
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