Victor Man. Eyelids, Towards Evening
a cura di Eugenio Re Rebaudengo
testo critico di Alessandro Rabottini
La mostra personale Eyelids, Towards Evening (Le palpebre, verso sera) raccoglie venti opere realizzate da Victor Man nel corso degli ultimi dieci anni e offre, per la prima volta, un focus esclusivo sui generi del ritratto e dell’autoritratto, generi che hanno assunto una rilevanza profonda, nel tempo, all’interno della sua pratica pittorica.
Insieme con immagini dell’artista stesso, questi dipinti contemplano ritratti di persone che sono entrate nella sua vita, tanto affetti a lui vicini quanto incontri del passato: si compone, così, una narrazione interiore e autobiografica che manifesta un tratto essenziale del lavoro di Man, ovvero la nozione che la materia più intima dell’arte sia l’esistenza individuale insieme con la sua trasfigurazione poetica.
Immerse in una luce il più delle volte crepuscolare, queste figure sono colte in atteggiamenti assorti e contemplativi, o ritratte in attimi di abbandono e di affettuosa prossimità: esse paiono abitare un tempo e uno spazio profondamente umani ma, nel mentre, ritirarsi dal mondo attuale.
Questa coesistenza di familiarità e di distanza, di osservazione delle apparenze e di magia delle circostanze, è lo spazio in cui queste opere accolgono chi le guarda, uno spazio in cui fattezze reali e individuali sono immerse nella penombra di stati d’animo e di condizioni psicologiche indefinibili come il momento della sera – il passaggio tra il giorno e la notte – cui fa riferimento il titolo della mostra. Eyelids, Towards Evening (Le palpebre, vero sera) evoca, infatti, non soltanto una fase della giornata percepibile come una soglia, come uno spazio di metamorfosi – quella in cui la luce lascia il posto al buio – ma anche il passaggio tra il sonno e la veglia, la condizione in cui le forme dell’esistenza quotidiana tramutano, progressivamente, in sembianze simboliche ed oniriche.
L’arco dell’esistenza umana e il repertorio degli affetti è contemplato nella sua interezza, dall’esperienza della nascita e della genitorialità (come troviamo in R with Turtle e in Rózsa Victoria) fino all’avvento del distacco e della morte (Father), passando per la sopravvivenza della memoria dei defunti nell’animo di chi resta (Self-Portrait at Father’s Death).
Che la presenza della morte sia una naturale dimensione dell’esistenza umana – una dimensione tanto organica quanto spirituale e che la sensibilità modernità tende a censurare e a esiliare nella pura dimensione clinica – è uno degli aspetti che dona a questi dipinti la qualità di elegie, se consideriamo l’elegia una forma della poesia che, dall’antichità latina, è perdurata nella letteratura moderna come componimento lirico ispirato a vicende personali e dal tono di celebrazione malinconica.
Victor Man recupera, all’interno del suo linguaggio pittorico, la qualità arcaicizzante di questo genere poetico ed esplora così le possibilità contemporanee di una visione mistica delle cose e degli accadimenti umani, dove con il termine “mistico” contempliamo la possibilità che esista uno spiraglio, nelle sembianze mondane, di qualcosa che mondano non è.
Di qui, ancora una volta, l’insistere di Victor Man sul principio di una diffusa coesistenza delle cose fra loro, prima fra tutte la persistenza del passato nel presente espressa attraverso uno stile che assorbe molteplici riferimenti alla storia dell’arte, dai simbolismi medievale e rinascimentale fino al recupero dell’immaginario primitivo presente nell’Espressionismo e nel Surrealismo.
Coesistono tra loro, in un regime di mutua simultaneità, anche il maschile e il femminile, se guardiamo alla sottile qualità androgina di opere come i Senza Titolo del 2012 e del 2013, in cui le fattezze rivelano un’osmosi di differenti identità che aprono e complicano la nozione stessa di ritratto. Ma a coesistere, nell’arte di Victor Man, non sono soltanto le differenti dimensioni del tempo e le forme del sentire ma anche, e soprattutto, le dimensioni dell’esistenza umana, che contempla nel suo corso l’erotismo accanto alla spiritualità, l’affetto accanto alla sua rinuncia, la somiglianza accanto al mistero e all’estraneità.
Alessandro Rabottini