Lynette Yiadom-Boakye
Opere dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
2 novembre 2018 – 3 Febbraio 2019
Opening 2 novembre, ore 19
Lynette Yadiom-Boakye (Regno Unito, 1977) dipinge figure affascinanti, cariche di enigma. Sembrano ritratti, ma è un inganno, perché queste non sono persone reali, ma personaggi d’invenzione che abitano solo il mondo creato dalla pittura. L’artista britannica, di origine ganese, prende spunto dalla propria memoria e immaginazione per costruire attraverso le specificità del linguaggio pittorico i tratti fisici e psicologici dei protagonisti dei suoi quadri. Lynette Yadiom-Boakye scrive con la pittura, attraverso una sapiente e quasi scientifica manipolazione di colore, forme, scala. Le sue pennellate evidenti, strutturali, stese con l’immediatezza di un gesto che non ammette revisioni, mettono in primo piano le qualità materiche della pittura ad olio, la sua presenza viva, e allo stesso tempo si caratterizzano per un’economia dei mezzi che a tratti fa emergere uno spazio grezzo, non risolto.
La mostra presenta un gruppo di opere che appartengono alla Collezione Sandretto Re Rebaudengo. Datate dal 2013 al 2018, le opere documentano in maniera esemplare la ricerca dell’artista, che sviluppa un’appassionata analisi delle possibilità espressive del medium pittorico, e insieme ne mette in luce i presupposti ideologici, storici e contemporanei.
Le opere in mostra presentano personaggi maschili e femminili, sempre neri, decisamente austeri, quieti, pensosi. Sono presi in una molteplicità di pose e gesti, ma tutti condividono un senso di sospensione enigmatica, come se il loro contatto col mondo fosse incerto, sul punto di incrinarsi. Gli scarsi riferimenti contestuali, gli sfondi appena accennati o totalmente astratti, l’abbigliamento generico, amplificano questo senso di indeterminatezza. Contrariamente alla tradizione della pittura ritrattistica classica, mancano indizi per definire le peculiarità dell’individuo, la sua appartenenza a un’epoca, una professione, uno status sociale. Non è la loro realtà di persone a essere rappresentata, ma la loro intrinseca umanità, resa essenziale ma non banale. Il fatto che tutte le figure siano nere è un tema centrale, che mette in gioco il canone occidentale e l’assenza/invisibilità del soggetto nero nella nostra storia culturale e artistica.
In questa prospettiva assume rilievo il gioco di sguardi diretti o distolti, intenti o distratti, che si instaura tra personaggi e pubblico, perché dà forma a una dinamica di potere, di rapporto tra soggetto e oggetto.
L’opera più recente in mostra, A File For a Martyr to a Cause, 2018, è un polittico che nella sequenza di primi piani sembra evocare un dispositivo fotografico o filmico. È una posa che si trasforma in un gesto, una stasi che produce movimento, una sorta di coreografia che caratterizza nel suo insieme la pratica dell’artista, il suo modo di tenere insieme i corpi, di farli silenziosamente dialogare.
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