A cura di Philippe Vergne. Un progetto del Walker Art Center di Minneapolis
A partire dal 6 giugno 2003, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta How Latitudes Become Forms, Art in a Global Age, mostra internazionale e interdisciplinare organizzata dal Walker Art Center di Minneapolis. Le opere esposte sono prodotte da circa 30 artisti provenienti da Brasile, Cina, India, Giappone, Sud Africa, Turchia e Stati Uniti. Questi paesi serviranno da casi studio per una riflessione su come la globalizzazione o il “new internationalism in art” hanno influenzato il lavoro degli artisti e le istituzioni culturali in differenti parti del mondo.
Le transizioni storiche ed estetiche degli ultimi decenni (gli effetti della decolonizzazione, il crollo del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda, l’economia globale) hanno stimolato cambiamenti radicali nell’arte portando ad un totale rifiuto di ogni distinzione gerarchica tra i diversi media, tra cultura popolare e “arte alta”, tra tradizione e modernità, così come un rifiuto di una presunta leadership euro-americana. Fin dall’inizio del XXI secolo, l’uomo diventa consapevole di vivere in un mondo caratterizzato da connessioni sempre più strette e allo stesso tempo lontano dall’essere omogeneo. Questo contesto offre alle istituzioni culturali una serie di sfide e l’opportunità di diventare un filtro attraverso il quale alcune di queste visioni contrastanti possano essere discusse e in cui nuove comunità possono prendere forma. I curatori hanno iniziato a riconoscere che non esiste all’interno di differenti culture una definizione omogenea di opera d’arte o del concetto di utilità.
Tali cambiamenti spingono a domandarsi verso quali forme si stiano muovendo l’esperienza artistica e le istituzioni culturali.
Il ruolo e la missione di un museo o di un centro d’arte, che hanno le proprie radici nell’Europa XIX secolo, devono oggi confrontarsi con la necessità di un rinnovamento che consenta di fornire visibilità a progetti che sfidano il modo in cui l’arte viene creata e fruita in un mondo sempre più interconnesso. Perché quando si parla di un artista non-occidentale sembra necessario affrontare la questione dell’identità, mentre a proposito di un artista occidentale si focalizza l’attenzione su tematiche quali l’estetica e la tecnologia? Gli artisti che partecipano a questa mostra cercano non solo di interrogarsi su queste tematiche, ma anche di fornire risposte temporanee attraverso un’ampia varietà di media tra i quali la scultura, l’installazione, la performance, la fotografia, il disegno, il video, il suono, le tecnologie digitali e l’architettura.
L’obiettivo di How Latitudes Become Forms, Art in a Global Age è quello di offrire un’esperienza artistica nella quale i passaggi intermedi tra culture, pratiche artistiche e discipline siano veicoli di significato. L’intento è di trasformare il nudo spazio espositivo in unambiente in cui il ruolo dell’artista non è più quello di creare un’opera per la contemplazione dello spettatore, ma di investigare un processo creativo nel quale il pubblico diventa un protagonista attivo. In altre parole lo spazio è il luogo della contemplazione, mentre l’ambiente è il luogo dell’esperienza primaria. Attraverso il lavoro di artisti che utilizzano le arti visive, la performance, il video e i media digitali, la mostra cerca di alterare la purezza dello spazio espositivo.
Artisti in mostra
Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, Hüseyin Barhi Alptekin, Can Altay, Kaoru Arima, Atelier Bow – Wow, Cabelo, Franklin Cassaro, Santiago Cucullu, Anita Dube, Esra Ersen, Sheela Gowda, Zon Ito, Cameron Jamie, Gülsün Karamustafa, Moshekwa Langa, Marepe, Hiroyuki Oki, Tsuyoshi Ozawa, Raqs Media Collective, Robin Rhode, Usha Seejarim, Ranjani Shettar, Song Dong, Tabaimo, Wang Jian Wie, Yin Xiuzhen, Zhao Liang, www.esterni.org, Andrea Caretto e Raffaella Spagna.
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