A cura di Francesco Bonami e Gianni Romano
Una giuria composta da Dan Cameron - curatore del New Museum di New York -, Flaminio Gualdoni - storico dell'arte e docente all'Accademia di Brera di Milano -, Kasper König - direttore del Gesellschaft für Moderne Kunst am Museum Ludwig di Colonia -, Rosa Martínez - curatrice e critica d'arte di Barcellona -, Hans Ulrich Obrist - curatore del Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris -, dopo aver attentamente valutato e analizzato il lavoro dei quattro artisti selezionati, assegna il Premio Regione Piemonte 2001 all'artista americana Laylah Ali, con la seguente motivazione: "il lavoro di Laylah Ali nella sua semplicità e chiarezza rivela tuttavia una tensione importante, oggi, nell'individuo contemporaneo. Una tensione fra identità psicologica e sociale. Astraendo i suoi personaggi da ogni contesto realistico, Laylah Ali offre allo spettatore l'opportunità di riflettere sulla propria autonomia, e al tempo stesso sul proprio ruolo nel contesto della collettività. Questi aspetti del lavoro appaiono importanti in un momento storico di grande trasformazione e di grandi dubbi".
"...Nel suo lavoro Laylah Ali prende in prestito il significato estetico e concettuale di Francisco Goya, delle miniature persiane, di Art Spiegelm e dei fumetti del Sunday. I colori vivaci e le dimensioni in scala ridotta nelle serie dei Greenheads, personaggi protagonisti dei suoi lavori, spesso da lontano ingannano e ci trasmettono con il loro allegro ottimismo un piacere superiore a tutto. Solo uno sguardo più attento a questi lavori intimi e ben presentati rivela una più sconcertante storia di capricci, umiliazioni, rituali, fedeltà condizionate e piccole immagini grottesche. Nell'opera Untitled(2000) vediamo due Greenheads vestiti di bianco con alti cappelli conici che dialogano con altri due Greenheads vestiti con costumi da bagno blu che trasportano teste animate senza corpo. Tutti questi personaggi indossano scarpe da ginnastica e uno dei personaggi vestiti di bianco regge una palla. Queste materializzazioni delle ossessioni degli americani per gli sport insieme a divise bianche che ci ricordano quelle del Ku Klux Klan, la maestà papale e l'idiota del ricreatorio sono immagini significative del sistema di codici usato da Laylah Ali [...]. Messo di fronte a questo tipo di linguaggio aperto senza un dizionario, si lascia che l'osservatore legga fra le righe. Anche se apparentemente senza genere né razza, la pelle nera dei personaggi di Ali è inevitabilmente carica di simbologia che si lega a una realtà americana storicamente determinata dalla razza. Con questi occhi sporgenti e impavidi e con le loro smorfie i Greenheads richiamano la tradizione americana del XIX secolo, in cui il corpo nero era abitualmente sminuito, ridicolizzato e reso politicamente senza potere, tutto sotto una maschera di innocuo divertimento...".
(Olukemi Ilesanmi)
Artisti in mostra
Gabriele Picco, Laylah Ali, Muntean/Rosenblum, Thomas Scheibitz.